• “Collezione di ombre” (Milano, 1990)

     

    Pubblicato nel novembre del 1990, questo volumetto raccoglie una breve ricostruzione narrativa e biografica del primo antifascismo (1919-1943) a Vaprio d’Adda e nell’Adda Milanese, condotta sullo sfondo della documentazione comunale e prefettizia e della tradizione orale. È il primo libro di Sala, costruito su memorie e documenti di parte fascista ed antifascista assumendo più o meno apertamente e felicemente lo statuto giornalistico-letterario. Si tratta di una ricerca che in più punti oltrepassa l’ambito locale ricollegandosi alla “macrostoria” lombarda e italiana del ventennio, agganciando ad esempio la figura del sindacalista e uomo politico cattolico cremonese Guido Miglioli (1879-1954), che nei primi decenni del Novecento aveva avuto largo seguito tra i contadini dell’Adda Milanese e della Geradadda. La scelta, certamente discutibile, del registro giornalistico e narrativo dà corpo a un testo ibrido, che a tratti può lasciare l’impressione di un tentativo di romanzo storico appena delineato. Il volumetto viene presentato ufficialmente a Vaprio d’Adda nel Palazzo municipale il 15 dicembre 1990, con l’intervento dello storico Adolfo Scalpelli (1928), autore nel 1973 del saggio Dalmine 1919, direttore dell’Istituto milanese per la storia della Resistenza e del Movimento operaio e, in gioventù, frequentatore di Miglioli. Scrive Giulia Galimberti nel 1991: “Quelle ombre, gigantesche o minute, che hanno attraversato tempi e luoghi lontani, fanno ormai parte della nostra memoria, sono il patrimonio affettivo e culturale della nostra storia che sentiamo comunque ogni giorno più lontana nonostante il desiderio di trattenerla. Vincenzo Sala, ben consapevole di questo spessore, e di questo suo effimero dialogo con le ombre, nella sua insolita maturità di ragazzo-scrittore può ben dire con il poeta “non muoiono uomini, ma interi continenti. Sì, rimangono quadri, e ponti e monumenti, eppure qualcosa se ne va ugualmente, e di nuovo vorrei gridare per questa irrevocabilità” (E. Evtushenko)”. Il libro nei primi mesi del 1991 è letto e apprezzato anche dal grande scrittore piemontese Nuto Revelli (1919-2004), tra i maggiori memorialisti italiani della seconda guerra mondiale e padre del sociologo Marco Revelli.