IN MEMORIA DI UN AMICO



Mario Chignoli è morto nelle prime ore della mattina di domenica 23 aprile 2017, nella sua casa di Milano, all'età di 81 anni. Una perdita dolorosa per me: negli ultimi 16-17 anni ci siamo frequentati con notevole continuità (salvo il quinquennio 2006-2011, per ragioni lavorative e familiari), proseguendo l'antica amicizia e stima che era esistita per lungo tempo tra lui e mio padre Carletto. 

Benché trasferito da decenni a Milano con la moglie Lucia, Mario non aveva mai lasciato che le sue radici vapriesi si recidessero: se era in Italia, tornava a Vaprio quasi ogni settimana, generalmente per trascorrervi il weekend, ma talvolta anche in momenti diversi. E in queste occasioni ci vedevamo spesso, anche solo per il piacere di scambiare quattro chiacchiere come facevamo ormai da molto tempo.

Mario era un conversatore affabile e piacevole: attento, paziente, curioso di tutto, anche umile se è vero che - nonostante la sua grande esperienza umana e professionale e la differenza di età - sulle cose storiche si rimetteva al mio parere, mentre al contrario se gli argomenti scivolavano in campo tecnico-industriale era lui che prendeva il “pallino” e l'ascoltatore diventavo senz'altro io.

Un bel rapporto, che si è consolidato nel corso del tempo e che soltanto la sua malattia ha interrotto.

Mario Rodolfo Chignoli era nato a Vaprio d'Adda il 2 giugno del 1935 da Paolo e da Martina Colombo, entrambi dipendenti della Cartiera Binda. Era cresciuto in un casamento situato alla periferia del paese, sul lato settentrionale della statale “del Brembo” Vaprio-Villa Fornaci, in località Bellaria. Era particolarmente legato ai fratelli maggiori Piero (1925) ed Emilio (1932), il primo giovanissimo partigiano della 103ma Brigata Garibaldi sul finire della seconda guerra mondiale, il secondo impiegato nella Cartiera come il padre e la madre. Proprio nei saloni luminosi della grande fabbrica di carta lungo l'Adda il destino di Mario avrebbe svoltato l'8 febbraio del 1952: quel giorno, Emilio Chignoli perdeva la vita a soli 20 anni a seguito di un incidente sul lavoro. Lo shock per la famiglia era ovviamente terribile; soltanto cinque giorni dopo, il 13 febbraio dello stesso 1952, il diciassettenne Mario veniva inviato come sostituto del congiunto presso il laboratorio dello stabilimento, dove prendeva avvio cosi', in modo drammatico e imprevisto, una carriera di tecnico che sarebbe durata ben sessant'anni (1952-2012). Da quel momento, Mario avrebbe dedicato le sue energie migliori all'affascinante microcosmo delle lavorazioni cartarie: un mondo complesso e stimolante, che mescolava gli universi della chimica e della meccanica per trarne un prodotto importante e sofisticato, fondamentale in moltissimi comparti della società moderna. Mario si era innamorato subito del “miracolo” che, in secoli e terre lontani, aveva consentito all'uomo di trarre la carta dall'acqua, dagli stracci e dalla colla animale; aveva fatto in tempo a vedere di persona il procedimento che, pur affinato e meccanizzato fin dai primi decenni dell'800, ripeteva gesti e ritmi antichi: ma naturalmente il suo “mondo” cartario era un altro, tecnologico e dominato dalla cellulosa e dalla più economica pasta di legno. La Cartiera abduana reclutava allora una forza-lavoro di circa 340 persone e produceva alcune centinaia di quintali al giorno di carte da stampa e carte da scrivere: avrebbe raggiunto i 500 quintali giornalieri all'inizio degli anni Sessanta, toccando il suo “apogeo” produttivo prima di entrare nella fase del declino e di avviarsi verso la chiusura. Mentre di giorno assisteva “sul campo” e concretamente ai progressi tecnici della fabbricazione della carta, di sera incrementava le sue cognizioni teoriche presso la Stazione sperimentale Cellulosa e Fibre Tessili di Milano; nel 1961, qui, si diplomava perito chimico. Un salto qualitativo che avrebbe corroborato, in tempi brevi, l'assunzione di ruoli di crescente responsabilità: chimico di fabbrica, assistente di fabbricazione, responsabile della ricerca, capo fabbricazione, posizioni ricoperte a Vaprio e poi anche alla Conca Fallata di Milano, nell'altra storica cartiera del gruppo Binda, sulla riva del Naviglio Pavese.

Nel 1987, dopo 35 anni nel “grembo” del gruppo Binda, Mario cambiava “casacca”; ma il salto era grande: diventava, infatti, il direttore di un importante stabilimento piemontese, la Cartiera Giacosa di Front Canavese, in provincia di Torino. Era, a 52 anni, il coronamento di una carriera che era stata dedicata toto corde al ricordo dell'amato fratello Emilio. Nel frattempo, dai primi anni Settanta aveva formato anche la sua famiglia: si era sposato con Lucia, originaria di Pozzo d'Adda, e dalla loro unione era nata Fiorella (oggi ultraquarantenne). L'esperienza successiva lo avrebbe condotto a dirigere interinalmente, dal 2000, la Cartiera DEA di Guarcino, nel Lazio. Infine, dal 2006 al 2012 era stato lo stimatissimo consulente tecnico di due imprese cartarie del Medio Oriente: la Syriamica di Aleppo, in Siria e la Arco Irisa di Mersin, in Turchia, avviando e seguendo la costruzione di due grandi impianti in queste città asiatiche.

Io e Mario avevamo iniziato a concepire il libro sulla Cartiera di Vaprio d'Adda nell'estate del 2001. Il nostro “asso nella manica” era l'archivio aziendale della Binda, che Mario aveva praticamente salvato dalla dispersione: centinaia di documenti, mappe e cartografie che partivano addirittura da prima che la fabbrica esistesse, dal tardo Medioevo, e che erano passati di mano in mano dai successivi proprietari e gestori dell'isola di oltre 30.000 metri quadrati tra l'Adda e il Naviglio della Martesana, che io ho poi ribattezzato “L'isola della carta”. Dunque, un piccolo “tesoro” archivistico, che disposto in ordine cronologico ci consentiva di ripercorrere la storia dell'area e anche la genesi industriale della fabbrica. A questa base non certo esigua, avrei aggiunto poi diverse sessioni di ricerca presso i fondi degli archivi statale (Catasto, Censo) e comunale di Milano (Materie), dalle quali sarebbero emersi i primi documenti della “folla di carta” Monti (1749-1764), la diretta antenata della successiva Cartiera rilevata dalla Binda nel 1868.

Mentre noi muovevamo questi impegnativi “primi passi” al tavolo di studio e alla scrivania la fabbrica, finita da pochi anni nelle mani del gruppo cartario finlandese Munksjo Paper, era ancora in esercizio e produceva carte decorative e carte overlay per laminati, piatti e vassoi. Tra il 2002 e il 2005 sarebbe passata brevemente all'americana Madison Smurfit, per poi tornare alla Munksjo. Nell'estate del 2007 avrebbe purtroppo chiuso i battenti per sempre, vinta dalla concorrenza imbattibile dei più flessibili produttori nord-europei; le tre grandi macchine continue avrebbero preso la strada dell'Egitto. Mario, in quel periodo, era impegnato ad Aleppo, alla guida di un team di giovani tecnici siriani di cui mi diceva un gran bene. Sarebbe rimasto in Medio Oriente ancora cinque anni, fino al marzo del 2012. A quel punto (estate-autunno del 2012) entrambi potevamo riprendere il filo del libro, interrotto nel 2005. Alla fine dell'estate 2013, il volume era praticamente pronto: abbiamo affidato cosi' il nostro lavoro all'editore bresciano Compagnia della Stampa-Massetti Rodella, che ha allestito e dato alle stampe (nell'ottobre del 2013) un'eccellente produzione. Un volume di ben 438 pagine, composto dal mio saggio introduttivo L'isola della carta, di 29 pagine, dalla lunga sezione che presenta i documenti e da uno scritto finale di Mario (L'ultimo secolo) di 11 pagine.

Abbiamo sicuramente dato vita a un'opera che mancava nel panorama locale e nel panorama regionale degli studi sulla prima industrializzazione lombarda: fino al 2013, infatti, sulla cartiera di Vaprio si potevano reperire solo cenni sparsi e citazioni occasionali. Siamo stati molto felici di condividere questa “impresa”, che ha ricevuto un'ottima accoglienza nonostante il taglio non fosse propriamente agile e divulgativo. Le molte persone convenute alla presentazione ufficiale, tenuta presso la Mediateca civica di Vaprio la sera del 13 dicembre 2013 alla presenza del sindaco Roberto Orlandi, avevano testimoniato un interesse vivo per la vicenda della fabbrica più antica del territorio. Proprio quella sera spiegammo ai presenti che, in realtà, la cartiera era stata preceduta nel '5-'600 da due mulini da grani, due fornaci da calce, un maglio da rame e una grande cava di ceppo fluviale, che si trovava poco a monte, al di là del Naviglio. Le carte degli archivi ci avevano permesso di capire queste ed altre situazioni, ribadendo ancora una volta il valore conoscitivo della storia.

Mario aveva un unico, piccolo rammarico: non essere riuscito a portare il nostro libro nelle scuole, e a condividere con studenti e professori le sue enormi conoscenze nel settore cartario. Sono però sicuro che sia davvero una piccola mancanza, rispetto al grande impegno che ha profuso per decenni in campo industriale, avvalorato da una sensibilità umana molto superiore alla media. Le cose che ha fatto resteranno, cosi' come il ricordo di una persona positiva, costruttiva e capace di vero rispetto e vero affetto per gli altri.

 

In memoria di Mario Chignoli (1935-2017).